L’inizio di settembre rappresenta storicamente la partenza della raccolta del riso, e da alcuni anni questa antica coltura non interessa soltanto il Nord, ma anche le regioni meridionali e la nostra Sicilia stanno cercando di dire la propria in questo settore, che sta vivendo una fase piuttosto delicata. Riso amaro per l’Italia: a livello nazionale, infatti, il riso non è in ottima salute: secondo le prime stime sul raccolto, le semine quest’anno hanno perso diecimila ettari e “a flettere sono stati soprattutto i tondi e le varietà storiche da interno“, come si legge nell’articolo di risoitaliano.eu, che cita anche altre questioni sullo sfondo, come le iniziative di supporto delle associazioni di categoria degli agricoltori e, in particolare, quella di Coldiretti con il suo segretario Gesmundo, e la decisione del Governo di aumentare a 150 euro a ettaro l’importo dell’aiuto accoppiato, che riguarda appunto riso, zucchero e grano duro.
Riportare la risicoltura in Sicilia
In un quadro così complicato bisogna salutare con favore l’iniziativa dell’Università di Catania, che si sta battendo per riportare e diffondere la coltivazione del riso nella nostra isola e per incentivare le aziende agricole locali a cimentarsi nell’attività della risicoltura. D’altra parte, il rapporto tra Sicilia e riso è storico e trova la sua massima espressione nella gastronomia con i celeberrimi arancini, lo street food isolano per antonomasia, mentre dal punto di vista della coltivazione sono citati esempi già in Diodoro Siculoda Egira (I secolo a.C.), mentre agli inizi del Novecento si contavano all’incirca 500 ettari coltivati a riso tra la provincia di Siracusa e quella di Catania, poi abbandonati anche per vicende economiche e politiche.
Opportunità per la Piana di Catania
E proprio in queste zone potrebbe riprendere l’attività, secondo gli esperti: Paolo Caruso, ricercatore Università di Catania, sostiene che da un punto di vista agronomico il riso “può trovare in alcune zone della Sicilia condizioni ottimali per palesare le proprie potenzialità produttive, a condizione che vi siano risorse idriche significative, terreni pesanti e ben livellati”.
L’iniziativa dell’università catanese
In particolare, il ricercatore cita il territorio della Piana di Catania e la zona di confine con la provincia di Siracusa, dove si stanno portando avanti iniziative per “coltivare il riso in regime di agricoltura biologica“, e si sofferma a evidenziare come “da qualche anno in Sicilia, in un paio di aziende localizzate nella Piana di Catania e nell’entroterra Ennese, grazie alla passione ed alla volontà di alcuni agricoltori si è ripreso a produrre riso, una pianta che da più di un secolo non veniva coltivata nell’Isola”.
Gli interventi degli esperti
Allarga il campo del discorso l’agronomo Massimo Biloni, uno dei più apprezzati e riconosciuti a livello europeo, che spiega come “in Italia esistono più di 200 varietà di riso, la nostra nazione risulta esserne il maggior produttore in Europa. Nessuno, se non gli addetti ai lavori, conoscono le pregiate e aromatiche varietà di cui possiamo vantarci”, ma che negli anni alcune che ne hanno regolamentato il mercato, “penalizzando l’eterogeneità con la classificazione di sole 5 varietà entro cui tutte le altre vanno ricondotte: Carnaroli, Arborio, Baldo Roma, Sant’Andrea, Vialone nano, Ribe“.