Il calcio è drasticamente cambiato, partiamo da questo semplice e banale assunto, ma più che mai realistico. Un aspetto che ha mutato profondamente il mondo del pallone, abituato in ben altri modi, quando si muovevano i presidenti in persona, da una sede all’altra, magari da un domicilio all’altro, per acquistare i grandi giocatori dell’epoca. Adesso invece ci si può tranquillamente risparmiare tanta fatica, chilometri, tempo e benzina: se non si parla con intermediari, agenti e procuratori, nulla si può firmare, niente si può chiudere. Da un eccesso a un altro, perché senza dubbio essere rappresentati da un qualcuno è stata una svolta importante per calciatori che, fino a qualche decina di anni fa ma anche meno, erano semplici pedine di scambio che potevano spostarsi da un lido all’altro avendo ben poca voce in capitolo. I presidenti e dirigenti la facevano da padrone, dando sì maggior lustro alle trattative, ma mettendo in secondo, se non terzo piano, la volontà del giocatore.
Oggi si è passati totalmente nel senso opposto, dirigenti e presidenti che sono ostaggio dei calciatori ma soprattutto di terze parti che li rappresentano, in grado non solo di gestire loro, ma anche un nucleo piuttosto importante del club, facendo approdare presso il medesimo porto un importante numero di assistiti. Un primo e banale modo per prender potere all’interno di un club, con la società che si ritrova quindi ad avere a fianco un procuratore quasi fosse un socio di minoranza.
Altro pessimo fenomeno nato negli ultimi lustri è legato alle società terze che hanno in carico un importante numero di giocatori, dei veri e propri fondi ai quali corrisponde una percentuale considerevole del cartellino di un giocatore: accade soprattutto in Sudamerica, Brasile fra tutti, ma meglio usare il tempo al passato visto che la Fifa ha ormai giudicato illegale simile pratica.
Uno studio bwin sulle relazioni tra mercato e mondiali rivela come in modo netto e inequivocabile il baricentro sia tristemente passato dalla nostra cara Italia alla Premier League, dove società che galleggiano nella zona salvezza sono in grado di spendere soldi che nemmeno le nostre di fascia medio-altra possono permettersi. A seguire la Liga, fino alla Ligue 1 col dominio assoluto di un Psg che rischia però di andare incontro alla prima sanzione del Fair Play Finanziario.
Quella di gonfiare le quotazioni dei propri assistiti resta comunque la pratica più diffusa dai nuovi padroni del calcio, dai Mino Raiola ai Jorge Mendes, passando per il leader assoluto della specialità: quel Kia Joorabchian le cui spese, fra le altre, le ha fatte proprio l’Inter con i vari Joao Mario e Gabigol. 70 milioni di euro che oggi sarebbero tornati molto, molto comodi, ad una società nerazzurra alla disperata caccia di quei 45 milioni necessari per uscire una volta per tutte dal mirino della Uefa e dare così il via con Suning al progetto di crescita da tempo auspicato e nelle potenzialità della società cinese.