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Ministro Gentiloni: “Jihadisti in fuga da Sirte ma Italia ancora nel mirino”

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Redazione

«I controlli di chi arriva con i barconi sono elevati da sempre e in questa fase è giusto lo siano più che mai. Attenzione però, siamo tutti ancora nel mirino, per questo la guardia va tenuta alta. Ma se vinciamo in Siria, Iraq e Libia, il pericolo si riduce»

Paolo Gentiloni, ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale nel Governo Renzi in merito ai jihadisti in fuga da Sirte ha detto che «l’attenzione delle forze dell’ordine e dell’intelligence è massima. I controlli di chi arriva con i barconi sono elevati da sempre e in questa fase è giusto lo siano più che mai. Attenzione però a non dare letture sbagliate. Ricordo come sei mesi fa la narrativa prevalente era “noi stiamo vincendo in Siria e in Iraq e come conseguenza Daesh si sta impadronendo della Libia”. Forse era una valutazione esagerata e non vorrei che ora che le forze che sostengono il governo libico, appoggiate da droni americani, stanno avendo la meglio si dica “arriva il pericolo perché stiamo vincendo in Libia”». L’Italia ancora nel mirino? «Lo siamo tutti. Non sottovaluto il rischio di colpi di coda. Per questo la guardia va tenuta alta. Ma se vinciamo in Siria, Iraq e Libia, il pericolo si riduce. Azioni individuali e lupi solitari si sono moltiplicati in questi ultimi mesi per il riferimento simbolico ad un califfato vincente. Il califfato che perde, perde anche il suo richiamo verso possibili azioni individuali in Europa».

Europa assente sul fronte migranti
«Penso che a settembre l’Italia sarà costretta ad alzare la voce sul tema migratorio. Torno a vedere una brutta aria. Come se la questione stesse tornando ad essere una questione che interessa i greci e gli italiani. Mi riferisco al fatto che molti paesi europei avendo costruito qualche recinzione ai propri confini terrestri, tendono a pensare che i flussi migratori che arrivano dal mare possano essere considerati in fondo un problema di Grecia e Italia».

«Un anno fa abbiamo visto l’Europa improvvisamente mettere al centro questo tema, decidere di spendere, sei miliardi di euro, ripeto sei miliardi di euro, per un accordo con la Turchia. Mi auguro che quell’accordo regga ma a Bruxelles gli altri 27 paesi membri devono sapere che l’Italia non accetterà che sul tema del ”migration compact” e degli impegni sull’Africa, tutto finisca in un mare di carta. Servono impegni economici e organizzativi paragonabili a quelli, certo necessari, che abbiamo messo in campo con la Turchia e che naturalmente sono oggi legati al tenue filo della collaborazione ancora possibile con Ankara».

Redazione

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