Da fonte di vita e culla di civiltà il Mediterraneo si sta trasformando, sempre più in teatro di morte. Dal mese di gennaio, infatti, più di 3.020 migranti sono deceduti nelle acque del Mare Nostrum, oltre il doppio che al culmine del 2011, anno della primavera araba, come rilevato ieri l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni. Fin dall’inizio dell’anno, l’OIM ha registrato la morte di 4.027 immigrati irregolari nel mondo, con tre quarti – 3.120 – nel Mediterraneo. Il numero, ha aggiunto, rappresenta un aumento del 26% rispetto ai primi sette mesi del 2015. In particolare, quest’anno le morti nel Mediterraneo hanno raggiunto quota 3’120 dopo il ritrovamento di oltre cento cadaveri sulla spiaggia libica di Sabratha domenica 31 luglio. Il sindaco della città libica riferì che le vittime provenivano da Paesi africani sub-sahariani e dalla Tunisia. La maggior parte dei migranti che sono morti alle porte dell’Europa – di annegamento, soffocamento, fame o freddo – sono nati in Africa e Medio Oriente, secondo le statistiche pubblicate dall’OIM.
Da qualche anno a questa parte l’aumento del numero di morti è dipeso principalmente dalla progressione dei morti nel Mediterraneo”, ha detto l’OIM. Tra i popoli che maggiormente sono giunti in Italia quest’anno si registrano i siriani, il cui paese è stato devastato da una guerra civile per più di cinque anni e mezzo, e gli eritrei, che fuggono dal loro paese per scappare dalla brutale repressione del potere, servizio militare e dai lavori forzati, non retribuiti e di durata illimitata.
Statistiche impietose che non si possono più tollerare, rileva Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, che ribadisce la convinzione della necessità di un intervento internazionale più deciso. L’Europa e l’ONU non possono più tacere ed aspettare che questi tragici numeri, dietro cui si celano le vite e le speranze di persone in carne ed ossa, non s’incrementino più.