In Turchia, dopo il golpe di stato, sono state chieste le dimissioni di 1600 rettori; sospesi 21mila docenti e chiuse oltre 15 Università. Gli atenei italiani, attraverso una nota stilata dalla Conferenza dei rettori italiani, esprimono «ferma condanna per le misure adottate dal Governo turco»
Il ministero dell’Istruzione turco ha revocato la licenza d’insegnamento a 21mila docenti, poiché ritenuti vicini alla rete di Fethullah Gulen considerato alla base del golpe del 15 luglio. Tra i docenti, il Consiglio per l’alta educazione (Yok), organo costituzionale responsabile della supervisione delle Università turche, ha chiesto le dimissioni di quasi 1600 rettori alla guida degli atenei del Paese: tra questi solo 1176 sono di Università pubbliche, il resto sono appartenenti alle fondazioni universitarie. Proprio per tali numeri, la Conferenza dei rettori italiani (Crui), in accordo con la posizione assunta dall’ “European University Association”, ribadisce in una nota il proprio supporto e appoggio alla grave situazione dell’Istruzione turca. La Crui «esprime unanime e ferma condanna per le misure adottate dal Governo turco a seguito del tentativo di colpo di stato del 15 luglio». Il comunicato continua: «Tali misure colpiscono i diritti civili dei singoli e delle collettività. In particolare, vengono mortificate le libertà di ricerca, insegnamento, autogoverno per lunga tradizione proprie delle Università ed essenziali alla loro vita. Già nell’immediato, le misure del Governo turco provocano gravi danni alle collaborazioni oggi attive e stabilite grazie a un lungo percorso ispirato a valori che oggi vengono negati».
Arrestato un rettore
La nota stilata dai decani si conclude: «Questi sviluppi troveranno da parte nostra concrete risposte per un verso, di condanna degli abusi, per altro verso, di solidarietà alle Comunità universitarie turche: ai docenti, ai ricercatori, agli studenti». Anche il Premier italiano Matteo Renzi, come riportato da “Il Fatto Quotidiano”, ha chiosato a riguardo dell’incresciosa situazione turca durante l’assemblea del Pd: «Un Paese che mette in carcere i professori e i giornalisti mette in carcere il suo futuro e non c’è accordo sull’immigrazione che possa giocarsi sulla pelle dei diritti umani. Non è solo la pena di morte, che e basilare, ma è anche il modo di vita». Dopo il golpe avvenuto lo scorso 15 luglio, la situazione è andata degenerando: sono state chiuse 1043 scuole, tra privati e dormitori studenteschi; 2mila enti e istituzioni, tra qui 15 Università e, nel gruppo degli insegnanti sospesi, ci sono circa 492 dipendenti, tra imam e docenti di religione. La tv statale “Trt” ha riportato la notizia dell’arresto del rettore dell’Università di Gazi ad Ankara, Suleyman Buyukberber, poco dopo essere stato rimosso dal suo incarico: l’arresto del decano risulta essere il primo fermo di un accademico a seguito del fallito golpe. In più, durante il corso dell’epurazione nel sistema educativo, anche la lira turca ha subito un calo di valore nelle borse, tornando sopra le 3 lire per un dollaro.