«Dire ‘famiglie’ invece di ‘famiglia’ significa smettere di lavorare per un concetto astratto, la ‘Famiglia’, e cominciare a farlo per quelle concrete». «Insieme all’assessore comunale alle Pari opportunità abbiamo scelto di usare il termine al plurale». E’ quanto scritto su Fb dalla sindaca di Torino, in merito alle polemiche per la dicitura ‘famiglie’
Il sindaco di Torino, Chiara Appendino (Movimento 5 Stelle) che sabato scorso ha partecipato al gay pride, è intervenuta sulla sua pagina Facebook per chiarire le polemiche sollevate per la dicitura ‘famiglie’ anziché famiglia alla delega assegnata all’assessore comunale alle Pari opportunità, Marco Alessandro Giusta. «C’è chi ha osteggiato questa scelta ma io concordo totalmente con Marco quando scrive che ‘dire ‘famiglie’ invece di ‘famiglia’ significa smettere di lavorare per un concetto astratto, la ‘Famiglia’, e cominciare a farlo per quelle concrete, le famiglie, che ne hanno davvero bisogno, in un momento come questo», ha scritto la sindaca, che continua «Marco Alessandro Giusta è il nostro assessore alle Pari Opportunità con delega alle Famiglie, e in questo post spiega perché, insieme, abbiamo scelto di usare il termine al plurale».
Il post di Marco Alessandro Giusta
«Famiglia, #famiglie: un plurale che ne indica la molteplicità. Più di una insomma. Sembra una cosa da niente, un plurale invece di un singolare: e invece la lingua è uno strumento potente per cambiare la realtà. Dire “famiglie”, invece di “famiglia”, significa smettere di lavorare per un concetto astratto, la “Famiglia”, e cominciare a farlo per quelle concrete, le famiglie, che ne hanno davvero bisogno, in un momento come questo». «Questa Giunta – aggiunge Giusta – e io in prima persona, riteniamo che sia il momento di smettere di lottare “contro” alcuni tipi di famiglia, di contrapporre quelle “diverse” (da includere o tollerare) da quelle “tradizionali” (o naturali). Noi vogliamo allargare lo sguardo, portando rispetto verso realtà familiari che già esistono, che sempre sono esistite, ma che non erano sinora riconosciute. Il nostro obiettivo è il coinvolgimento delle famiglie tout court nell’elaborare politiche che le riguardano, senza distinzione di genere, origine, orientamento sessuale, età, condizione di disabilità, religione».
«D’altra parte ce lo dicono la Costituzione e il buon senso: è compito dello Stato “rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana”. Non siamo peraltro i primi (e di sicuro non saremo gli ultimi) a voler ascoltare e supportare le famiglie fondate sul rispetto, l’amore e il consenso reciproco, di qualunque forma esse siano», ha scritto l’assessore infine.