Secondo la Giustizia Tributaria di Savona se fai la prostituta devi pagare le tasse. L’indagine bancaria ha inchiodato un’escort a pagare Iva e Irpef in quanto rientra nei servizi a pagamento Ue. Ora è necessario cambiare la legge Merlin
La sentenza tributaria 389/01, pubblicata dalla prima sezione della Ctp Savona (giudice Roberto Bertolo), nel mentre conferma la ripresa a tassazione, Iva oltre che Irpef, a carico della escort, ricorda la frase «Pecunia non olet»: non conta che in Italia il sesso a pagamento non sia regolamentato e c’è chi può ritenerlo una attività discutibile sul piano morale, ma ben può essere inquadrata come «prestazione di servizi retribuita» in base alla giurisprudenza della Corte di giustizia europea. Per superare la legge Merlin, dunque, dove hanno fallito decenni di battaglie politiche e gruppi di pressione, è riuscita la fame atavica del Fisco italiano: la prostituzione è un lavoro lecito, riconosciuto e regolamentato. Di più: il carattere di abitualità consente comunque d’inquadrare l’attività nell’ampia previsione contenuta nel secondo periodo dell’articolo 3, comma 1, del Dpr 633/72.
E’ il caso di una ragazza dell’est europeo che ha ricevuto l’accertamento sul conto corrente. E ogni versamento è stato considerato come un provento. Una volta figurava come addetta alle pulizie, ma dopo la verifica la donna ammette di fare la escort e di guadagnare almeno 36 mila euro l’anno. Scatta l’inversione dell’onere della prova secondo cui dopo l’indagine bancaria è il contribuente a dover dimostrare che gli elementi emersi dalle movimentazioni sul conto non sono riferibili ad attività imponibili. E la donna non riesce a documentarlo, così come fallisce nel tentativo di evitare il pagamento dell’Iva sul rilievo che le entrate sarebbero frutto di un’attività illecita, che invece risulta contraria solo al buon costume. A documentare che l’attività risulta ben organizzata è il diario degli appuntamenti con i clienti ritrovato dai verificatori a casa della ragazza, tanto che il fisco ha ritenuto deducibili le spese sostenute dalla escort per farsi pubblicità su giornali e riviste.
E secondo la Corte Ue la prostituzione deve essere ritenuta una prestazione di servizi retribuita a meno che non risulti attività puramente marginale. Questa sentenza rappresenta per Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, un importante precedente: non solo le escort sarebbero tenute ad aprire una partita Iva, ma finalmente si saprebbe anche con quale codice dovrebbero farlo. Insomma queste persone non vivono più in un limbo: hanno un regime fiscale cui sottoporsi, poichè è irrilevante che in Italia la prostituzione non è regolamentata. Conta l’attività svolta con carattere di abitualità che per la giurisprudenza europea va comunque inquadrata nelle prestazioni retribuite. Ora resta solo un piccolo dettaglio: cambiare la legge Merlin.
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