Non si applica legge Fornero per gli statali. A sentenziarlo è la Cassazione. Risuscita dunque l’art. 18, vale la vecchia formulazione della norma
Si alla reintegra degli statali licenziati ai quali non si applica l’articolo 18 come riformato dalla legge Fornero. Lo stabilisce la Cassazione con la sentenza 11868/16, pubblicata il 9 giugno dalla sezione lavoro. Per i provvedimenti espulsivi successivi alla legge 92/2012 a carico dipendenti di enti e ministeri vale dunque la vecchia formulazione della norma di cui allo statuto dei lavoratori. Pertanto deve escludersi la tutela soltanto risarcitoria, e non anche reintegratoria, prevista in ipotesi di giusta causa o giustificato motivo. La Suprema corte, osserva Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, esclude che il nuovo regime delle tutele in caso di licenziamento illegittimo possa essere applicato anche ai rapporti di lavoro disciplinati dall’articolo 2 del decreto legislativo 165/01. E invero la pronuncia di legittimità che ha affermato il contrario, la 24157/15, ha comunque ritenuto di salvaguardare la specialità della normativa del procedimento disciplinare dettata per l’impiego pubblico riconducendo al primo e al secondo comma dell’articolo 18 modificato la violazione delle regole procedimentali in quanto causa di nullità del licenziamento.
Il punto è, osserva oggi il collegio, che la legge Fornero tiene conto soltanto delle esigenze dell’impresa privata. Decisivo in proposito è il rinvio a un successivo intervento normativo contenuto nel comma 8 dell’articolo 1 della legge 92/2012: un rimando non diverso da quello ex articolo 86, comma 8, del decreto legislativo 276/03 che incaricava all’epoca il ministero della Funzione pubblica di armonizzare la disciplina del pubblico impiego con la nuova normativa applicabile solo alle aziende private. E dunque fino a quando l’intervento normativo di armonizzazione non interverrà ai dipendenti pubblici non si applicano le modifiche apportate dalla riforma Fornero e la tutela da riconoscere ai lavoratori di enti e ministeri in caso di licenziamento resta quella assicurata dalla previgente formulazione della norma. Non c’è dubbio, osservano i giudici di legittimità, che la Fornero sia pensata per il settore privato perché introduce una correlazione inscindibile fra flessibilità in uscita e in entrata: allarga le maglie della prima ma riduce l’uso improprio dei contratti diversi dal rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato. E le sanzioni modulate dalla legge 92/2012 non si prestano a essere estese al pubblico impiego privatizzato per il quale il decreto legislativo 150/09 ha dettato una disciplina inderogabile secondo cui a determinati illeciti tipizzati deve seguire la sanzione del licenziamento.
La novella risulta incompatibile con il mondo delle amministrazioni pubbliche specialmente per l’ipotesi del licenziamento intimato senza l’osservanza delle garanzie procedimentali: gli articoli 55 e 55 bis del decreto legislativo 165/01 sottraggono il procedimento alla contrattazione collettiva, dettano tempi e modi e ne affermano il carattere inderogabile. Senza dimenticare che la risoluzione del rapporto di lavoro nel pubblico impiego è caratterizzato da garanzie dettate anche a protezione di interessi collettivi oltre che del soggetto da rimuovere. Ma la questione potrebbe arrivare presto alle Sezioni unite civili. Per il pubblico impiego le garanzie sarebbero quindi intatte, con la reintegra in caso di licenziamento senza giusta causa. Un trattamento diverso rispetto ai lavoratori privati.
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