Nanoparticelle, potenzialmente tossiche, presenti in alcuni alimenti. L’associazione francese “Agir pour l’environnement”, ha denunciato pochi giorni fa la presenza di nanoparticelle nei prodotti alimentari di uso quotidiano venduti nei supermercati
Un nuovo pericolo nanoscopico potrebbe nascondersi dai tessuti ai pneumatici, dalle pitture agli alimenti. Sono le nanoparticelle: 100.000 volte più piccole di un capello. Tanto piccole insomma da poter essere viste soltanto al microscopio, hanno qualità che l’industria apprezza sempre di più. E intanto ce le spalmiamo sulla pelle, le indossiamo, le respiriamo e addirittura le mangiamo senza nemmeno saperlo, perché ancora non c’è l’obbligo di indicarne la presenza sull’etichetta. L’associazione francese “Agir pour l’environnement” (Agire per l’ambiente) ha commissionato uno studio metrologico e delle prove di laboratorio alla National Laboratory (LNE). I test hanno rivelato che i nanomateriali sono presenti nel nostro cibo, e che i produttori non stanno adempiendo all’obbligo di etichettarli. In particolare sono state analizzati: una porzione di vitello William Blanquette Saurin, biscotti Napolitains LU, chewing-gums Malabar, ognuno dei quali contiene biossido di titanio, l’additivo colorante E171, così come il mix di spezie utilizzata dal supermercato Carrefour nel suo guacamole, una salsa messicana, che contiene biossido di silicio, l’agente antiagglomerante E551. Tutti e quattro i prodotti contenevano nanomateriali che avrebbero dovuto essere classificati come ‘nano’ in base alle norme del regolamento sui nuovi prodotti alimentari.
«Questo definisce “nanomateriale”», osserva Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, «qualsiasi materiale prodotto intenzionalmente di 100 nm o meno». I risultati dei test hanno mostrato che le particelle inferiori ai 100 nanometri sono presenti nel 2,5% della gomma da masticare citata e nel 100% degli additivi nei prodotti alimentari. Rispetto alla totalità del prodotto, queste particelle sono presenti in basse concentrazioni, ma diversi studi dimostrano che le nanoparticelle si accumulano in alcuni tessuti del corpo e possono essere smaltite con difficoltà. Secondo Agir pour l’environnement, «queste sostanze creano rischi inutili per i consumatori, che non hanno modo di evitarle essendo privati del diritto di conoscerle. Poiché le nanoparticelle sono sempre più presenti nei beni di consumo, senza alcuna trasparenza, tracciabilità o regolamento, abbiamo urgente bisogno di una moratoria per evitare un altro scandalo di salute pubblica come quello che si è verificato nel caso dell’amianto».
Eppure ai sensi del regolamento europeo del 2011 sulle informazioni alimentari ai consumatori qualsiasi ingrediente contenente nanomateriali deve essere etichettato come tale, con il nome del materiale seguito dalla parola ‘nano’. La Commissione europea ha ribadito questa esigenza nell’ottobre del 2015 in occasione della revisione del regolamento sui nuovi prodotti alimentari dopo aver visto la riluttanza ad imporre l’etichettatura per gli ingredienti sul mercato per un lungo periodo di tempo. Ma attualmente non esistono prodotti alimentari etichettati con la parola ‘nano’. Questo significa che non ci sono prodotti alimentari sul mercato UE che contengono nanoparticelle? La risposta è no. In realtà il loro uso è all’ordine del giorno. Nel mese di settembre 2015 Friends of Earth Australia ha rivelato la presenza di nanoparticelle in un certo numero di prodotti alimentari, molti dei quali disponibili in Europa. Tra loro ci sono le M&Ms e le Mentos Pure Fresh.
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