L’ex segretario del Partito Democratico ha parlato sia del referendum che domenica 17 aprile chiamerà al voto gli italiani, sia del libro scritto dall’ex sindaco di Roma Marino: «Non ci sarebbe stato bisogno di scrivere libri se ci fossimo detti le cose in faccia». Sul referendum: «Il futuro è il matrimonio tra gas e rinnovabili, ma è assurdo che il Pd prima proponga i referendum e poi dica di non votare»
Pier Luigi Bersani, segretario del Partito Democratico dal 2009 al 2013 e deputato, in merito all’attacco di Ignazio Marino al Pd, ai microfoni della trasmissione “Ho scelto Cusano”, condotta da Gianluca Fabi e Livia Ventimiglia, su Radio Cusano Campus, emittente dell’Università Niccolò Cusano, si è detto «dispiaciuto che le cose siano andate così»: «In una famiglia, in un partito, in una città – ha spiegato Bersani – possono succedere disgrazie e cose gravi, il problema è come si reagisce. Quando ci siamo ritrovati in mezzo a Mafia capitale, in una situazione complicata e tesa, lì abbiamo fatto l’errore. In quel momento bisognava elaborare il lutto in compagnia, dicendoci tutto quello c’era da dirsi. L’idea invece di tranciare, commissariare, impedire la discussione, via via ha portato a incrudire la situazione. Non ci sarebbe stato bisogno di scrivere libri, se ci fosse stata una discussione interna al partito. Questo difetto originale ce lo trasciniamo ed è destinato certamente ad indebolirci. Ci sono dei momenti in cui bisogna guardarsi davvero in faccia, dirsi cosa si pensa, chiudere gli streaming. Una comunità deve saper discutere e anche farsi vedere discutere, anche in maniera aspra. Se la gente ci avesse visto discutere avrebbe avuto più stima di noi. Io sono legato a questo tipo di politica. Invece si cerca di semplificare, di portare in posizioni di comando la politica, che non è comando, nasce come partecipazione. Quando la si vuole ridurre a comando si va a sbattere contro un muro»
Contrasti interni nel Pd
«Io vedo che c’è un problema nella nostra militanza e nella percezione che il Pd possa essere il baricentro di un centrosinistra scagliato netto sui propri valori. Credo che in questo momento, almeno dal lato di una sensibilità di sinistra, ci sia un certo disagio. Questo deriva da meccanismi programmatici e da fatti di governo che possono essere condivisi o meno, ma deriva anche dalla sensazione che il partito stia cambiando pelle, cioè che i caratteri di un partito della partecipazione e della libertà si appannino di fronte a meccanismi di verticalizzazione e di comando».
Referendum sulle trivelle
«Abbiamo fatto tutto noi. Non c’è la raccolta di firme, ci sono consigli regionali, 8 su 10 a maggioranza Pd, che indicono un referendum. C’è un governo in mano al Pd. L’esito è quello di mettere il Paese davanti a un dilemma arcaico tra energia e ambiente, tra industria e ambiente? Noi come sinistra abbiamo lavorato in tutti questi anni perché energia e ambiente si dessero la mano in una chiave di innovazione. Adesso abbiamo allestito un appuntamento nel quale tornano i vecchi slogan, degli industrialisti contro gli ambientalisti e viceversa. Davanti a queste cose dobbiamo chiederci dove abbiamo sbagliato e come riprendiamo il volo». «La soluzione non può essere dire non andiamo a votare, perché non è una cosa da Pd. Dobbiamo concepire ancora per un po’ di anni un matrimonio tra rinnovabili e gas, questo ci garantisce crescita e il minore impatto ambientale. Dopodiché il gas da qualche parte va tirato un po’ fuori, le rinnovabili vanno fatte. Nei matrimoni si dice sì? Beh, può capitare di tutto. Adesso io credo che questo appuntamento bisogna affrontarlo con un po’ di umiltà dicendo che questo dilemma è improprio, non dicendo che non si deve andare a votare. E’ chiaro che se domani mattina 500mila pazzi facessero un referendum che chieda di poter bruciare i campi rom, io devo impedirlo usando qualsiasi mezzo, se serve anche con l’astensione. Ma io dico, è possibile predicare l’astensione a fronte di un referendum indetto da noi? Cerchiamo di non arrivare al ridicolo. Io lo dirò come voto, ma adesso vorrei impegnarmi perché il mio partito alla prossima Direzione trovasse una chiave nella quale ci si possa riconoscere un po’ tutti. Il giorno dopo dirò come voterò».
Economia attuale
«In Europa e in Italia si è fermata la recessione e stenta a darsi forza la ripresa. Noi stentiamo al solito più degli altri, perché loro fanno 1,5, noi facciamo 0,7-0,8. Cosa possiamo fare per dare spinta alla ripresa? C’è una sola chiave, dobbiamo far ripartire un po’ di investimenti pubblici e privati, perché solo quelli danno lavoro. Se troviamo il modo di avere quei famosi margini di flessibilità, usiamoli sugli investimenti. Non sono solo le regole sul lavoro che possono dar lavoro. Certo, il jobs act ha portato qualche beneficio alla modica cifra di 11 miliardi di euro di incentivi. Attenzione alla precarietà che riparte sottoforma di voucher. Giusto chiedere all’Europa di superare l’austerità e di avere margini condivisi. Col debito che abbiamo, se il mondo percepisce che l’Europa non ha più una regola, noi saremmo esposti ai mercati il giorno dopo, quindi allentiamo i vincoli e l’austerità ma in un quadro regolato a livello europeo, non sbraghiamo. Abbiamo il grande problema delle sofferenze bancarie. Anche se la Bce pompa liquidità, le banche non possono dare prestiti quindi le sofferenze limitano i nuovi prestiti. Noi dobbiamo chiedere all’Europa di avere un po’ di margini in più su quel punto. Bisogna concentrarsi su una cosa, non su 20».
Banche e risparmiatori truffati
«Non era scritto sulle tavole della legge che dovessimo essere i primi a sperimentare il bail in. Secondo me bisogna assolutamente far apprezzare a livello europeo che si tratta di una prima applicazione che non costituisce precedente. Bisogna cercare di non essere fiscali nel cercare di andare incontro a chi è rimasto sotto a questo problema». «Sono in corso norme sulle liberalizzazioni, vogliamo infilare lì qualche norma precisa sui doveri di chi sta a uno sportello di una banca, sui doveri di una banca nei confronti del risparmiatore? Oppure vogliamo davvero pensare, come ho letto da qualche parte, che il risparmiatore debba essere un esperto di finanza? E’ come dire che chi va dal medico deve avere la laurea in medicina, altrimenti non ha diritto a prendere una pastiglia. Se io allo sportello, anche fossi l’ultimo anello della catena, ho avuto certe indicazioni, se ti do un prestito in cambio del tuo acquisto di azioni della banca, quello è un reato. Finché non scriviamo che è un reato, non si risolve quel problema. Se io non avessi fatto una norma sulla trasferibilità dei mutui, ci sarebbe oggi la trasferibilità? La politica deve difendere il cittadino comune dalle possibili prepotenze del mercato».