Secondo Anba Antonios, vescovo di Giza, il ricercatore italiano sarebbe stato assassinato «con l’intenzione deliberata di rovinare le relazioni dell’Egitto con l’Italia, uno dei Paesi che continuano a sostenere e a condividere interessi comuni con il governo egiziano»
Il vescovo copto cattolico di Giza, Anba Antonios Aziz Mina, ha commentato l’omicidio del ricercatore italiano, trovato senza vita il 3 febbraio scorso, in un fosso lungo la strada tra il Cairo e Alessandria, a pochi chilometri dalla sua sede episcopale e dopo giorni di torture. Anba Antonios ha anche partecipato presso l’Ospedale italiano del Cairo, alla preghiera davanti al corpo senza vita del ragazzo. «L’omicidio di Giulio Regeni – ha spiegato il vescovo – è stato compiuto da “torturatori professionisti che forse puntavano anche a rovinare le relazioni dell’attuale governo egiziano con quello italiano». «Quel ragazzo era impegnato in uno studio scientifico sui sindacati indipendenti e secondo il referto del medico legale è stato torturato da professionisti, perché le torture a cui è stato sottoposto possono essere perpetrate solo avendo a disposizione camere di tortura e attrezzature particolari». «Il ragazzo italiano è scomparso il 25 gennaio, nell’anniversario della sollevazione che portò alla fine del regime di Mubarak. Inoltre, dopo averlo ucciso, i torturatori potevano far sparire il corpo, seppellirlo in una buca nel deserto e non lo avrebbe ritrovato nessuno. Invece a mio giudizio hanno fatto in modo che la salma fosse ritrovata, guarda caso nello stesso giorno in cui era in visita in Egitto il ministro italiano per lo sviluppo economico, Federica Guidi, accompagnata da 30 uomini d’affari, per incontri in cui dovevano essere firmati importanti accordi economici».
«Quella visita è stata interrotta dopo l’incontro con il presidente Adel Fattah al-Sisi e questo non può non far pensare all’intenzione deliberata di rovinare le relazioni dell’Egitto con l’Italia, uno dei Paesi che continuano a sostenere e a condividere interessi comuni con il governo egiziano». «Lo sforzo di salvaguardare le buone relazioni italo-egiziane traspare anche da come i due Paesi stanno gestendo le indagini sul caso. Registro ogni giorno il dolore del popolo egiziano per quello che è successo a Giulio Regeni e per le sofferenze dei suoi familiari. E sono convinto che gli apparati egiziani daranno la loro collaborazione alla ricerca della verità. Quello che mi dispiace è aver sentito qualcuno, anche in Italia, che di quel povero ragazzo dice: ‘Se l’è andata a cercare’», ha detto infine.