La Corte Costituzionale ha deciso: il blocco degli stipendi e dei contratti nella Pubblica Amministrazione è illegittimo. Al tempo stesso, la Consulta ha comunicato che la decisione presa non avrà effetti retroattivi, evitando di conseguenza il buco di bilancio di 35 miliardi di euro che era stato paventato dall’Avvocatura generale dello Stato. La Corte ha dichiarato l’illegittimità costituzionale “sopravvenuta del regime del blocco della contrattazione collettiva per il lavoro pubblico”, come risultante dalle norme impugnate che prevedevano il blocco dal 2010 al 2013 e da quelle che lo hanno prorogato nei due anni successivi. La pronuncia di incostituzionalità avrà quindi effetto solo a partire dal deposito della sentenza che, secondo la legge, avviene entro 20 giorni dalla decisione; i giudici della Consulta, con la sentenza, hanno tenuto conto della richiesta avanzata in subordine dall’avvocato dello Stato Vincenzo Rago, due giorni fa. Rago, infatti, nel caso si fosse giunti ad una decisione di incostituzionalità, aveva chiesto alla Corte Costituzionale di tenere conto di quanto previsto dall’articolo 81 della Costituzione, il quale parla del principio di pareggio di bilancio. La sentenza, comunque, riapre “la contrattazione per oltre 3 milioni e mezzo di lavoratori, dando ragione alla Fialp Cisal, la quale ha promosso la causa di legittimità costituzionale all’origine dell’attesa sentenza” ha detto Davide Velardi, segretario confederale Cisal. “Ora che la Corte Costituzionale ha deciso – ha dichiarato Carmelo Barbagallo, leader Cisl – il governo ci convochi immediatamente per rinnovare i contratti di tutti i lavoratori del settore. Non c’è da aspettare un minuto di più rispetto agli anni che abbiamo già perso” ha concluso Barbagallo.