L’icona sexy, ma anche triste, del cinema italiano ci ha lasciati: Laura Antonelli, star di “Malizia”, è morta a 74 anni nella sua casa di Ladispoli, dove si era ritirata a vivere. L’attrice è stata rinvenuta cadavere, presumibilmente stroncata da un malore, ieri mattina dalla collaboratrice domestica, intorno alle 8.30; la donna ha subito dato l’allarme. Da tanti anni, l’Antonelli aveva scelto l’invisibilità come ultima condizione della sua vita terrena; percepiva una misera pensione di 500 euro, quasi un sussidio, ed aveva rifiutato i molti tentativi di aiuto che alcuni ex colleghi, come Lino Banfi, avevano tentato di offrirle. Nata a Pola (quando ancora era italiana) nel 1941, il suo vero cognome era Antonaz e da bambina aveva conosciuto la condizione (e l’umiliazione) di profuga quando si unì con i genitori al famoso esodo istriano dei primi anni Cinquanta. Trasferitasi a Roma, incomincia a bazzicare nel mondo dello spettacolo tra Caroselli, fotoromanzi e ruoli minori in film anche di spessore (come “Il magnifico cornuto” di Antonio Pietrangeli, 1964, con Ugo Tognazzi), mentre la prima parte di protagonista arriva con “Veneri in pelliccia” di Massimo Dallamano (1969). La consacrazione arriverà con “Malizia” (1973) di Salvatore Samperi, al fianco di Turi Ferro e dello sfortunato Alessandro Momo. Il film fu campione di incassi della stagione con ben 6 miliardi di lire, lanciò il filone della commedia erotica all’italiana (sebbene fosse di tutt’altro tenore) e innalzò l’ Antonelli a icona sexy degli anni Settanta. Il ruolo della sensuale cameriera siciliana Angela le fece anche vincere il Nastro d’argento come miglior attrice protagonista e il Globo d’oro come miglior rivelazione dell’anno. La sua carriera prese il volo: fu notata anche dal cinema che conta, e lavorò con Visconti ne “L’innocente”, con Patroni Griffi in “Divina creatura” e “La gabbia” e Festa Campanile in “Porca vacca”. Ma non disdegnava ruoli in film comici o scollacciati, anzi sono proprio questi i film per cui è ricordata: “Sessomatto” di Dino Risi al fianco di Giancarlo Giannini, “Mio Dio, come sono caduta in basso!” di Luigi Comencini o buona parte delle pellicole anni Ottanta che ha interpretato, come “Grandi magazzini” di Castellano e Pipolo, “Sesso e volentieri” ancora di Risi, oppure nel ruolo della ninfomane coatta di “Rimini Rimini” di Sergio Corbucci, una parte persino eccessiva per lei.
Ma Laura era amata dal pubblico proprio per la nonchalance con cui passava dal cinema d’autore a quello commerciale, senza perdere un briciolo di professionalità e dignità. Poi, dopo il 1991, la vita imboccò la parabola discendente: dopo l’arresto per spaccio di cocaina (in realtà era solo consumatrice) iniziò il calvario tra tribunali, condanne, assoluzioni e risarcimenti. In più, nel 1992 aveva intentato una causa di risarcimento al chirurgo plastico che le aveva effettuato un trattamento anti rughe che però l’aveva sfigurata, ma la cosa si concluse con un nulla di fatto, in quanto fu dimostrato che era stata una reazione allergica, e non il collagene, a ridurla in quel modo. Per l’attrice fu un colpo durissimo: si ritirò dalle scene e, semplicemente, scomparve. Negli ultimi anni si era avvicinata alla preghiera e ogni tanto faceva avere notizie di sè, ma solo per ribadire di voler essere dimenticata. Poi ieri la fine, stavolta vera.
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