Vent’anni fa, proprio il 12 maggio 1995, Mia Martini, al secolo Domenica Bertè, moriva in solitudine nella sua casa a Cardano al Campo (Va); conosciuta da tutti come Mimì (che infatti fu il suo primo pseudonimo), la cantante resterà sicuramente una delle interpreti più appassionate e struggenti della canzone italiana. Non per tutti i gusti (e di questo se ne infischiava altamente), forse Mia sarebbe stata apprezzata meglio in un Paese dove la musica viene trattata con meno superficialità, soprattutto la canzonetta, e non a caso i francesi l’avevano addirittura paragonata, come stile e timbro di voce, alla grande Edith Piaf. Nata a Bagnara Calabra (Rc) il 20 settembre 1947, Mia era la sorella maggiore della collega Loredana Bertè, con la quale ebbe sempre un rapporto frastagliato, ma forte; iniziò giovanissima, ad appena quindici anni, nel 1962 con il singolo “I miei baci non li puoi scordare”, inciso con il primo nome d’arte di Mimì Bertè. Troppo avanti rispetto all’epoca per tonalità di voce e carattere, Mia dovette fare una gavetta lunga dieci anni, prima che il suo talento venisse finalmente preso in considerazione: nel 1972 si aggiudicò il Festivalbar con la celebre “Piccolo uomo”, ex aequo con Marcella Bella che cantò in quell’edizione la non meno bella “Montagne verdi”. Già l’anno prima, assunto il nome di Mia Martini, la cantante si era fatta notare con la canzone censuratissima “Padre davvero”, un brano che per la prima volta parlava di un rapporto conflittuale tra padre e figlia, con il quale aveva vinto a sorpresa il festival dell’Avanguardia di Viareggio; nel 1973 arriva la consacrazione con “Minuetto”.
L’anno successivo riscuote grande successo in Europa, la critica la nomina “cantante dell’anno” e la sua “Donna con te” schizza nelle hit parade. Nel 1977 canterà all’Opera di Parigi, un canto del cigno prima di sprofondare nella depressione a causa di un carattere fragile e delle malelingue. Per tutti gli anni Ottanta dovrà lottare con sè stessa e la celebre accusa infamante che portasse jella, che ebbe come conseguenza il suo completo isolamento dal mondo dello spettacolo. La cantante annaspò tra altre canzoni, amori travagliati (uno su tutti, quello con Ivano Fossati) ed anche la dipendenza dalla droga. Una risalita la tentò a Sanremo per cinque volte: nel 1982 con “E non finisce mica il cielo”, nel 1989 con la struggente “Almeno tu nell’universo”, nel 1990 con la sfortunata “La nevicata del ’56”, nel 1991 con “Gli uomini non cambiano” e infine nel 1993, in coppia con la sorella Loredana, con “Stiamo come stiamo”. L’ultimo grande successo fu il bellissimo brano in lingua partenopea “Cu mme”, 1993, cantato in coppia con il grande Roberto Murolo. Infine la prematura scomparsa, quasi un copione scritto nella vita di una cantante che aveva sempre fatto a pugni con la vita.