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Un’indagine svela l’impronta idrica degli oggetti della vita di tutti i giorni

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Filippo Mammì

Cari, vecchi oggetti di uso comune, come faremmo senza di voi? Ormai vi stra-usiamo dalla mattina alla sera, siete diventati una parte integrante della nostra vita. Scarpe, smartphone, magliette… ma quanto ci costate? Non stiamo parlando solo del denaro che ci esce dalle tasche, ma dell’impronta ambientale che ogni cosa che ci circonda possiede. E, ovviamente, saranno le generazioni future a rimetterci. Secondo un nuovo rapporto dell’organizzazione “Friends of the Earth”, una rete che ha sede in 74 Paesi del mondo, sono moltissime le risorse naturali che servono per costruire anche uno solo degli oggetti che ci condizionano così tanto l’esistenza: 13 tonnellate d’acqua per costruire uno smartphone di ultima generazione oppure 14 e mezzo per costruire un paio di stivali. L’indagine è basata su dati Trucost ed evidenzia come produrre gli oggetti di tutti i giorni comporti una grande impronta non solo di carbonio, ma anche delle altre risorse idriche e del suolo. Se, per esempio, per una maglietta ci vogliono circa 4 tonnellate d’acqua e 4 metri quadrati di suolo, per una barretta di cioccolato ci vuole una tonnellata e mezzo d’acqua e 2,5 metri quadrati di suolo. Invece, per una tazzina di caffè ci vogliono 136 litri d’acqua e 0,1 metri quadrati di suolo. L’impronta idrica viene valutata in base all’acqua piovana utilizzata per allevare il bestiame e dall’acqua per smaltire i prodotti inquinanti nei processi di concia; se un paio di stivali in pelle viene prodotto in uno stabilimento che segue il giusto trattamento degli scarti, ci vogliono allora 14,5 tonnellate d’acqua, altrimenti ne servono ben 25.

Per fare le magliette, sono invece le piantagioni di cotone ad assorbire i due terzi del consumo di suolo e il 68 % dell’acqua utilizzata: “Queste stime ci ricordano quanto stiamo calpestando il mondo – ha detto Janez Potocnik, ex commissario europeo per l’ambiente – la soluzione è procedere con più leggerezza, pur continuando a far crescere le economie e migliorando il benessere dei cittadini”.

Filippo Mammì

Sono giornalista professionista da due anni, ho 35 anni e sono di Reggio Calabria. Dopo un diploma in maturità classica e una laurea presso il DAMS dell'Unical (Università della Calabria) ho passato quasi dieci anni della mia vita a Roma, lavorando prima nel mondo del cinema (mansioni varie, niente di che!); in seguito, mi sono avvicinato al giornalismo (mia seconda passione dopo il cinema) frequentando il master di primo livello di Giornalismo presso la Lumsa, abilitativo all'esame da professionista presso l'ODG. Possiedo un blog su un sito locale e collaboro, oltre che con Cataniavera.it e Newspage.it, anche con Litalianews.it

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