Attraccata ieri nel porto di La Valletta, a Malta, la nave Gregoretti della Guardia Costiera con i primi 24 cadaveri recuperati nel Canale di Sicilia dopo la tragedia del peschereccio rovesciatosi in mare con a bordo oltre 700 migranti, durante le operazioni di salvataggio a 60 miglia a nord dalle coste della Libia. Le salme, portate a terra, sono state poi trasferite con i carri funebri all’ospedale “Mater Dei” per poter eseguire gli esami autoptici. A bordo della nave è salito anche del personale medico per valutare le condizioni di salute dei 27 superstiti salvati dalle onde; appena ultimate le operazioni, la Gregoretti è subito ripartita alla volta del porto di Catania, dove due giorni fa è arrivato con l’elicottero uno dei sopravvissuti ferito gravemente. E per quanto riguarda il naufragio, il bilancio delle vittime potrebbe essere ben più tragico: “Eravamo in 950. C’erano anche duecento donne e cinquanta bambini con noi; in molti erano stati chiusi nella stiva – ha raccontato un superstite – sono morti come topi in gabbia, sono finiti in fondo al mare senza neppure poter provare a salvarsi o a lanciare un ultimo urlo disperato”. “Quello che chiediamo è di non essere lasciati soli – ha detto il premier Renzi nel corso della conferenza stampa indetta proprio per l’ultimo naufragio – non tanto nell’emergenza mare perchè si sa che il mare, in queste situazioni, è una brutta bestia. La nostra è una questione politica, di dignità dell’uomo, ed è quella di bloccare il traffico di esseri umani”. A questa linea di pensiero si è aggiunto anche il ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni, dal Lussemburgo: “Questa è un’emergenza europea, ma finora le risposte, gli impegni e i soccorsi sono stati italiani. Non è più sostenibile una situazione in cui ad un’emergenza europea si risponda solo con gli impegni italiani; ci aspettiamo che la tragedia di due notti fa, oltre a svegliare le nostre coscienze, risvegli le capacità decisionali dell’Europa”.