Avevano più volte razziato all’interno dell’azienda in cui erano dipendenti, facendo man bassa di carburante, mezzi e svariati beni di proprietà della Rap. Con questa accusa, la Polizia di Stato del Commissariato di Brancaccio ha disposto alcune misure cautelari nei confronti di nove soggetti alle dipendenze della Rap, una ditta municipale che gestisce la raccolta dei rifiuti a Palermo. Le indagini hanno provato che i furti avvenivano in maniera sistematica e quotidianamente, con la ditta letteralmente spogliata dei suoi beni nel periodo tra luglio 2013 e marzo 2014, e oltre 300 litri di gasolio appartenente alla Rap trafugati giornalmente. L’indagine, condotta dal commissariato di Brancaccio e coordinata dal pm Piero Padova e dal procuratore aggiunto Dino Petralia, ha portato all’esecuzione di custodia cautelare ai domiciliari per cinque dei dipendenti arrestati, mentre per gli altri quattro il gip ha disposto solo l’obbligo di presentazione alla Polizia Giudiziaria; nel corso delle indagini, gli inquirenti hanno rinvenuto non solo le taniche di gasolio, ma anche tute da lavoro, sacchi, mazze, scope e carta igienica oltre che detersivi, tutta roba di proprietà della Rap e trafugata dagli indagati. Tutto era partito due anni fa con un’inchiesta aperta dalla Procura di Palermo a seguito dei disagi cittadini causati dall’ennesima emergenza rifiuti in città, a sua volta determinata dall’assenza sospetta dei più elementari mezzi di lavoro per i dipendenti della raccolta rifiuti, che aveva spinto anche i sindacati ad intervenire proclamando le assemblee dei lavoratori con conseguente sospensione dei lavori di raccolta.
Secondo gli inquirenti, il carburante sottratto dagli indagati non sarebbe stato rubato per usi privati, ma per rivenderlo al mercato nero, dove benzina e gasolio sarebbero stati ceduti al prezzo concorrenziale di un euro al litro. Già l’anno scorso erano scattati alcuni blitz che avevano portato all’arresto di tre dipendenti per gli stessi reati, eppure questo non aveva minimamente intimorito i nove indagati. Dalle indagini risulta inoltre che la compravendita dei beni rubati era gestita dai congiunti dei fermati; ad esempio, il figlio di uno di loro aveva allestito una vera e propria bancarella, con i prodotti sottratti alla Rap, al mercato palermitano di Ballarò.