Continua a macinare polemiche il cosiddetto “Testo Cirinnà”, la nuova legge che deve regolamentare le unioni civili, la quale giovedì ha ottenuto il primo sì del Senato in commissione Giustizia grazie all’asse creatosi tra Pd e M5S; al coro delle contestazioni si sono aggiunti anche i vescovi italiani. Il segretario generale della Cei, mons. Nunzio Galatino, ha sostenuto che il testo (che regola il matrimonio civile tra persone dello stesso sesso, consentendo quindi anche le adozioni gay) vuole fare una forzatura ideologica, “ridurre realtà oggettivamente diverse ad una sola”; secondo monsignor Galatino “non è opportuno chiamare con lo stesso nome realtà diverse tra loro, oggettivamente parlando, come le unioni civili da un lato e la famiglia fondata sul matrimonio dall’altro”. Immediatamente è arrivata la replica del mondo della politica, per bocca della stessa relatrice Monica Cirinnà (Pd): “Il Pd va avanti: la legge sulle unioni civili è un impegno preso con i nostri elettori ed è un riconoscimento di diritti che la Consulta ci chiede con estrema sollecitudine”. Interpellata al telefono sull’argomento, la Cirinnà ha aggiunto: “Rispetto le posizioni della Cei, ma io mi occupo di leggi e diritti, magari di reati, ma non di peccati”. Nel contestare il testo sulle unioni civili, mons. Galatino ha invocato dal Parlamento “il coraggio di riconoscere le differenze”. La sua esortazione è quella di “non confondere il doveroso rispetto dei diritti con l’appiattimento tra cose diverse, che è purtroppo una tentazione sempre in agguato e non riguarda solo questi aspetti”. Il rischio, secondo Galatino, è “quello di arrivare ad equiparare utilizzando in maniera impropria lo strumento giuridico”.