Intervistato dal quotidiano “La Repubblica”, il ministro delle Infrastrutture Maurizio Lupi si sfoga riguardo all’inchiesta “Grandi Opere” su tangenti e appalti pubblici, che due giorni fa ha portato all’arresto di Ercole Incalza e di altre tre persone: “Sto soffrendo per mio figlio, quel Rolex non lo avrei mai preso. Dimettermi? Perchè dovrei farlo? – ha spiegato il ministro – Non darò le dimissioni, anche se, visto come stanno trattando ingiustamente mio figlio, mi sono chiesto se il gioco valga la candela, se fare politica significa far pagare un prezzo così alto alle persone che ami. La mia è l’amarezza di un padre che vede il proprio figlio trattato come un mostro e sbattuto in prima pagina senza alcuna colpa”. A proposito del famoso Rolex, regalato da Stefano Perotti a suo figlio, Lupi ha precisato: “Se avessi chiesto a Perotti di far lavorare mio figlio o di avvantaggiarlo, avrei fatto una cosa scorretta e probabilmente anche un reato. Non l’ho fatto; Perotti conosceva mio figlio da quando, insieme ad altri studenti del Politecnico, andava a visitare i suoi cantieri. Sono amici, come le nostre famiglie. Se il Rolex l’avesse regalato a me, non lo avrei accettato”. Passando a parlare delle intercettazioni in cui paventava addirittura una crisi di governo, Lupi ha spiegato: “Era una battaglia politica, non difendevo la mia persona, ma l’integrità del ministero; stavamo discutendo della legge di stabilità e del futuro della nuova struttura tecnica di missione, e c’era un dibattito tra chi voleva mantenerla tra le mansioni del ministero e chi, come mi faceva notare Incalza, avrebbe voluto chiuderla e trasferirla alla presidenza del Consiglio. Io ho semplicemente risposto che era un errore togliere la struttura dal ministero amputandolo così di un braccio operativo. Ho fatto alcune battute e basta; secondo me, se non ci fosse stata fiducia nel ministro, si faceva prima a cambiarlo senza depotenziare il ministero”.