E’ tornato a rivivere sul grande schermo il capolavoro cinematografico “Metropolis” (1926) del grande regista tedesco Fritz Lang; un film che nelle intenzioni rientrava nei canoni e negli stilemi dell’espressionismo tedesco (una corrente artistica che toccò, in terra germanica, tutti i settori creativi dagli anni Venti fino all’avvento del nazismo), ma che pose le basi per la futura fantascienza al cinema, quella visionaria e distopica che ebbe un altro picco visivo con “Blade Runner” (1982) di Ridley Scott. Considerato un classico del cinema, “Metropolis” è un opera che per decenni ha fatto parlare non solo i critici, ma persino i filosofi e i sociologi per la sua riflessione sulla società capitalistica che allontana e settorializza le persone in nome del profitto e del dio denaro, fondamentale comunque come tappa evolutiva del mezzo cinematografico perchè doveva essere una fantasmagorica dimostrazione delle capacità visive e monumentali della Settima Arte. Nei fatti, l’opera di Fritz Lang fu tra i primi kolossal della storia del cinema: costato oltre 8 milioni di marchi tedeschi, al punto che la casa di produzione UFA, che lo produceva, si vide costretta a chiedere aiuto alle major americane per non fallire, con il senno di poi risulta tra le opere meglio finanziate per il cinema! In Germania riscosse un buon successo, in America un po’ meno e, generalmente, fu poco compreso all’epoca, al regista venne rimproverato il gigantismo delle scenografie e delle riprese, venendo anche preso per megalomane. A seguito quindi delle divergenze tra regista e produzione, la UFA iniziò a distribuire il film in una versione rimaneggiata che ne danneggiò irrimediabilmente il fascino scombinandone la trama. Il risultato fu che un quarto della pellicola fu tagliato e per tantissimi anni sembrò perduto per sempre, finchè non fu ritrovato nel 2008 e subito messo a restauro; un restauro che ha dato nuova luce a queste mastodontiche sequenze insieme al resto del film che già si conosceva, anche se logorato dal tempo. “Metropolis” resta un capolavoro assoluto, quasi profetico nella sua rappresentazione di una città che sembra un mostro meccanico, con gli operai nei sotterranei che ne fanno funzionare gli ingranaggi e i dirigenti nei grattacieli che amministrano, calcolano e fanno girare i soldi. Forse un po’ eccessivo in questa rappresentazione futuristica (il film è ambientato nel 2026), ma intuitivo nella riflessione su una società che pretende solo lavoro e arricchimento livellando altresì i sentimenti, l’uguaglianza e le culture in nome del denaro.