Tim Cook, attuale amministratore delegato del colosso tecnologico Apple, nel 2009 si offrì come donatore per un trapianto di fegato per salvare la vita a Steve Jobs, minato dal cancro che lo avrebbe ucciso qualche anno dopo. Ma Jobs declinò la proposta e, addirittura, andò su tutte le furie; è quanto narrato nel libro biografico “Becoming Steve Jobs”, che a fine mese uscirà negli Stati Uniti. L’anticipazione è stata fornita dal “Washington Post”; la biografia del geniale inventore del colosso di Cupertino è scritta a quattro mani dal direttore esecutivo di Fast Company, Rick Tetzeli, e dal giornalista Brent Schlender. Secondo il libro, nel 2009 le condizioni di salute di Jobs erano notevolmente peggiorate a causa del suo tumore al pancreas; Cook, in seguito ad alcune analisi, scoprì che il proprio fegato era compatibile e lo andò a trovare offrendosi per una donazione. “Gli dissi, Steve, ho le analisi, la mia salute è ottima e ti posso mostrare i risultati. Posso sottopormi all’operazione senza rischiare nulla, starò bene” racconta Cook nel volume. Ma Jobs non ne volle sapere e, secondo l’ad, si alterò non poco: “Non mi fece neppure finire il discorso – prosegue Cook – mi liquidò dicendo, no, non ti permetterò mai di farlo, non lo farò mai. Steve, in 13 anni, mi si era rivolto urlando solo quattro o cinque volte, quella fu una di queste”. “Un egoista non avrebbe mai risposto in quel modo. Voglio dire, un uomo sta morendo, ha un cancro esteso al fegato e gli viene offerta una soluzione per poterne uscire – ha notato Cook – ma la risposta non fu neanche “Sei sicuro di volerlo fare?” o “Ci penserò”, fu “Non lo farò mai””. Jobs aveva scoperto la malattia sei anni prima e nei mesi successivi subì comunque un trapianto al fegato. Morì poi nel 2011, a 56 anni.