Sarebbe rimasta uccisa durante uno dei raid aerei della Giordania la volontaria americana ostaggio dell’Isis Kayla Mueller, 26 anni, rapita in Siria nel 2013. Ancora non ci sono conferme, ma i miliziani sunniti hanno annunciato che la giovane statunitense sarebbe morta in uno dei bombardamenti di Amman sulla città di Raqqa, considerata la capitale del Califfato islamico, durante le ultime 48 ore. Una bomba avrebbe centrato l’edificio in cui Kayla era tenuta prigioniera; la notizia è rimbalzata dal profilo Twitter di Rita Katz, direttrice di Site, il sito di monitoraggio del jihadismo sul web, ma per il Pentagono non ci sono prove concrete che la volontaria sia effettivamente morta. La viceportavoce del dipartimento di Stato, Marie Harf, ha detto di non essere in grado di confermare la notizia: “Il fallito attacco aereo della coalizione ha ucciso un ostaggio americano donna – si legge nel messaggio dell’Isis che parla esplicitamente di “attacco giordano” e di una “coalizione guidata dagli Usa” – nessun mujahedeen è rimasto ferito nell’attacco, grazie ad Allah”. “Una trovata che ha a che fare con le pubbliche relazioni” ha dichiarato il governo giordano citato dalla Cnn, che ha accusato i jihadisti di ricorrere ancora una volta alla propaganda, denunciando la morte della Mueller. Site, comunque, ha pubblicato alcune immagini di un edificio, prima in piedi e poi ridotto ad un cumulo di macerie, insieme alla foto della cooperante; Kayla Mueller, ultimo ostaggio americano ad essere ancora in mano ai jihadisti, era scomparsa due anni fa mentre stava cercando di raggiungere Aleppo insieme al suo ragazzo siriano, come ha riportato ieri il “New York Times”. Pochi mesi fa, i suoi colleghi volontari avevano ricevuto un video come dimostrazione che era ancora viva, nel quale la ragazza, con in testa l’hijab, chiedeva di essere salvata. I jihadisti avevano chiesto oltre 6 milioni di dollari di riscatto per il suo rilascio.