Durante il lungo interrogatorio di venerdì pomeriggio, Greta Ramelli e Vanessa Marzullo hanno raccontato la loro odissea di cinque mesi nelle mani dei terroristi ai pm della Procura di Roma e ai carabinieri del Ros. Di una cosa sono certe: i loro sequestratori non avevano alcuna intenzione di far loro del male ed erano intenzionati ad ottenere un riscatto: “Dopo essere state rapite, abbiamo chiesto loro “perchè lo fate?”. Loro hanno risposto “per i soldi”. Questo dettaglio ha fatto tirare loro un sospiro di sollievo, avendo capito di non essere finite in mano all’Isis ma a delinquenti comuni, e che, soprattutto, non sarebbero mai state uccise. Ma ovviamente la paura c’è stata, ed anche molta, tant’è che le due ragazze avranno modo di pensare se vale la pena tornare in Siria per occuparsi ancora di volontariato. Adesso, l’indagine della Procura si concentra su tre punti fondamentali: chi era il gruppo che ha tenuto prigioniere le due ventenni, chi ha aiutato le due ragazze a raggiungere Aleppo (dove sono state sequestrate) e, soprattutto, chi le ha tradite. Perchè gli inquirenti non hanno dubbi: Greta e Vanessa sono state beffate da una persona di cui si fidavano ciecamente, visto che sono state rapite quasi immediatamente dopo aver varcato il confine turco. Le ragazze hanno fornito un racconto molto dettagliato sulla loro prigionia di cinque mesi, anche se hanno asserito di aver poi perso la percezione del tempo; Vanessa è quella che ricorda più cose ed anche la più sicura di sè. La loro intenzione era “portare aiuti umanitari in Siria. Il viaggio era stato organizzato tramite un contatto su Facebook con una persona che avevamo conosciuto durante il nostro primo viaggio in Siria”. E proprio su questa persona adesso si concentrano le indagini: le due ragazze vengono rapite il giorno stesso dell’arrivo ad Aleppo, dove erano alloggiate presso la casa del capo del Consiglio rivoluzionario, da alcuni uomini incappucciati che le caricano dentro due macchine e le portano via. Vanessa ha anche precisato che con loro non c’era il giornalista del “Foglio” Daniele Raineri, che si credeva fosse riuscito a fuggire. Durante la prigionia, sono costrette a cambiare nascondiglio per cinque volte, ma ogni volta non vengono maltrattate e sono tenute chiuse a chiave dentro una stanza, il cibo non manca e le due ragazze hanno sempre un bagno a disposizione.
Lo sconforto ogni tanto è duro, tra i sequestratori credono di scorgere anche qualche donna e non hanno mai avuto idea nè a quale gruppo appartenessero i loro sequestratori nè di aver mai avuto notizie di padre Paolo Dall’Oglio, il gesuita sequestrato ormai un paio di anni fa e del quale non si sa più nulla. Hanno inoltre raccontato di essere venute al corrente che ci fosse una trattativa in corso per liberarle quando le hanno informate che dovevano girare un filmato: “I nostri rapitori ci hanno detto di enfatizzare la situazione – hanno dichiarato – ci dicevano di dire di essere in pericolo perchè così la trattativa si poteva sbloccare”. A proposito del biglietto con la data del 17 dicembre che Vanessa regge tra le mani nel video (e che potrebbe contenere un messaggio cifrato) le due volontarie hanno detto di non sapere niente. E’ certo, però, che dopo il video la trattativa è ripresa speditamente, fino al lieto fine di pochi giorni fa.
Il rilascio ed il ritorno a casa
Giovedì mattina, uno dei carcerieri le ha svegliate e ha detto loro: “Vi stiamo rilasciando”. Tre ore interminabili di macchina, bendate e poi consegnate agli uomini dell’intelligence italiana. All’una di notte vengono imbarcate su un volo per Roma e alle quattro atterreranno a Ciampino per riabbracciare le rispettive famiglie.