Il piccolo Andrea Loris Stival non sarebbe stato strangolato a mani nude, ma tramite un laccio, quasi sicuramente un laccetto da elettricista; lo rivela l’autopsia sul corpo del bambino, che però non è ancora riuscita a stabilire dove sia stato ucciso. A cinque giorni dal ritrovamento del cadavere nel canalone del vecchio mulino di Santa Croce Camerina (Rg), restano ancora molti dubbi sulle modalità dell’omicidio, ma spuntano anche nuovi dettagli dall’inchiesta che tenta di dare un volto all’assassino. In primo luogo, quello già accennato prima, cioè che è ormai assodato che Loris sia morto a causa di “un’asfissia da strangolamento”, come si legge nel referto dell’autopsia, ma cambia la modalità: non più a mani nude, come ipotizzato in un primo momento dagli investigatori, ma attraverso un laccio di plastica, forse un laccetto da elettricista. Inoltre, l’autopsia ha rilevato alcuni segni di graffi sul collo e sul viso del bambino. Queste lesioni potrebbero essere state causate da un oggetto usato proprio per tagliare la fascetta immediatamente dopo l’omicidio di Loris; tra l’altro, nella perquisizione effettuata ieri nella casa dei coniugi Stival sono state sequestrate anche un paio di forbicine che adesso saranno analizzate per controllare se siano compatibili con i graffi sul collo del piccolo. Gli unici elementi che ancora mancano all’appello sono gli slip e lo zainetto del bambino, blu con le cinghiette gialle, mentre al momento del ritrovamento Loris aveva tutti gli abiti addosso, compreso il grembiule scolastico.
L’interrogatorio di Veronica Panarello risulterebbe contraddittorio
Gli inquirenti sono tornati a scandagliare il racconto reso da Veronica Panarello in due verbali, nel quale sono state riscontrate alcune contraddizioni. In primo luogo, la distanza dalla scuola “Falcone – Borsellino” in cui Loris sarebbe stato lasciato dalla mamma: nella prima versione è di 500 metri, nella seconda solamente di una decina; in secondo luogo, cosa avrebbe fatto la donna durante la mattinata: prima la Panarello ha affermato di essersi recata ad un corso di cucina nella vicina Donnafugata, dopo aver accompagnato il figlio più piccolo alla ludoteca, poi ha dichiarato di essere invece tornata a casa per sbrigare alcune “faccende domestiche”; infine, il misterioso sacchetto della spazzatura, mai nominato nel primo dei due verbali, gettato in una strada che non rientra nel percorso compiuto per portare a scuola Loris, ma che invece sarebbe nelle vicinanze proprio del vecchio mulino in cui fu rinvenuto il cadavere. Proprio per fugare ogni dubbio, oggi i carabinieri hanno accompagnato la Panarello in un giro che riprende il cammino verso la scuola di Loris, passando per la strada in cui sarebbe stato gettato il sacco della spazzatura, per la ludoteca dove la donna ha lasciato il figlio più piccolo e poi andando verso la tenuta di Donnafugata in cui Veronica avrebbe partecipato al corso di cucina. La donna è poi tornata in questura per firmare il verbale; il legale della famiglia Stival, Francesco Villardita, ha sostenuto che le incongruenze non spiegano nulla: “In un processo penale non esistono cose presunte, ma solo certezze”.
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