Nella giornata odierna sono arrivate le sentenze per quello che è stato definito il “Ruby bis” sul giro di prostituzioni avvenute nelle Ville dell’ex presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi. La corte d’Appello di Milano ha deciso per la riduzione delle condanne a Emilio Fede, Lele Mora e Nicole Minetti. L’ex direttore del TG4 era stato condannato in primo appello a sette anni, oggi la riduzione a quattro e dieci mesi; la Minetti si è vista ridurre la pena da cinque a tre anni, mentre per Lele Mora, condannato in primo grado a sette, è arrivata una riduzione complessiva a sei anni e un mese, comprendente anche della condanna per bancarotta della sua società. Tutti e tre hanno dovuto affrontare il processo in quanto accusati di favoreggiamento e induzione alla prostituzione, anche minorile.
Lele Mora: Il carcere mi preoccupava tantissimo
“L’idea di farmi ancora sette anni di carcere mi terrorizzava – ha dichiarato Lele Mora dopo la sentenza – perché l’ho vissuto in modo molto duro con 14 mesi di isolamento, sorvegliato a vista e con il divieto di incontro, peggio di un terrorista. Sono molto soddisfatto per lo sconto di pena. Non mi pento di quello che ho fatto, uno non si deve mai pentire sennò non è un uomo”.
I legali di Emilio fede: Non finirà in carcere
Maurizio Paniz, difensore di Emilio Fede insieme ad Alessandra Guerini, ha fatto sapere che ricorreranno al ricorso in Cassazione: “In secondo grado è stato tolto il reato di istigazione alla prostituzione e sono stati riqualificati altri capi di imputazione, tanto che la pena è stata ridotta”, ha riferito all’Ansa. “Le sentenze vanno rispettate e la Corte d’Appello ha dimostrato di essersi impegnata molto”. Secondo l’avvocato nel caso in cui l’ex direttore del TG4 dovesse essere condannato in Cassazione non verrà comunque carcerato in quanto avendo una certa età si potrà ricorrere alla richiesta dei domiciliari.
I legali di Nicole Minetti: Chiederemo l’annullamento del verdetto
Secondo gli avvocati della Minetti, il verdetto sarebbe stato eccessivo nei suoi confronti, sottolineando il fatto che “fortunatamente” la Cassazione non si trova a Milano. Convinti dell’innocenza della loro assistita chiederanno l’annullamento del verdetto davanti alla Corte Suprema.