Vent’anni fa, la mafia siciliana si stava armando per uccidere Giorgio Napolitano e Giovanni Spadolini, allora presidenti di Camera e Senato. E’ quanto contenuto in una nota “interna” del Sismi, depositata oggi dai pm di Palermo, datata 29 agosto 1993. Intanto, è notizia di una settimana fa che l’attuale capo di Stato, Napolitano verrà ascoltato al processo sulla presunta trattativa Stato-Mafia in merito a quello che potrebbe avere saputo appunto in quegli anni. Il giorno della sua testimonianza è il prossimo 28 ottobre. Oggi è uscita fuori questa nota dei servizi segreti, davvero inquietante. In particolare, essa si riferisce ad una fonte, tutta da verificare, che aveva parlato del rischio concreto di un attentato, da attuare tra il 15 e il 20 agosto 1993, ai danni appunto di Napolitano e di Spadolini, quest’ultimo defunto un anno dopo. I contenuti della suddetta nota furono considerati attendibili e altamente allarmanti dal Sismi che, il successivo 4 agosto, decise di trasmettere il messaggio ai gabinetti dei ministeri della Difesa e dell’Interno, al comando generale dei carabinieri, a quello della Guardia di Finanza, al Sisde e alla Dia.
Dopo gli attentati del ’93, ci fu un’incontro ai massimi livelli per fare il punto della situazione
Ma non c’è solo questo, perché la nota fa parte di un carteggio, prodotto dall’accusa, inviato nel 2002 dal Cesis (Comitato esecutivo per i servizi d’informazione e sicurezza) al pm fiorentino Gabriele Chelazzi, il quale stava indagando sulle stragi del 1993 e che morì in quell’anno, da cui emergerebbe che, in piena emergenza a causa delle bombe che tra maggio e luglio 1993 esplosero a Firenze, Roma e Milano, ci fu il 6 agosto 1993 un vertice al Cesis a cui parteciparono i massimi rappresentanti dei servizi, delle forze dell’ordine ed anche del Dap (Dipartimento per l’amministrazione penitenziaria) al termine del quale fu redatto un verbale in cui si faceva il punto della situazione e si ipotizzavano anche altri mandanti oltre a Cosa Nostra, come il terrorismo internazionale e gli anarchici italiani. Ma questa tesi fu giudicata fuorviante dallo stesso capo della Dia Gianni De Gennaro che, il 10 agosto, scrisse un’informativa in cui delineava lo scenario delle bombe del 1993, fermamente convinto che le avesse piazzate la mafia per intavolare “un tentativo di dialogo con lo Stato riguardo al 41 bis”. Una posizione, quella di De Gennaro, supportata anche dallo Sco (Servizio centrale operativo) tramite una conferma avuta da una fonte.
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