Si chiama Silvia Slitti ed è la moglie di Giampaolo Pazzini, l’attaccante del Milan che quest’anno ha totalizzato soltanto panchine e qualche minuto a fine gara. E’ proprio per tale ragione che lady Pazzini ha rotto il silenzio e lanciato un messaggio in difesa del marito. L’allenatore dei rossoneri, Pippo Inzaghi nell’ultima giornata di campionato, nella partita pareggiata a Cagliari per 1-1, ha deciso di mandare in campo il giocatore a soli 12 minuti dalla fine, da qui la reazione della Slitti che pubblica un post sul suo profilo Instagram, cancellato poco dopo. Ma alla rete si sa, non sfugge mai nulla e ormai la frittata era fatta e servita. L’amministratore delegato del Milan, Adriano Galliani, nel primo pomeriggio di ieri ha telefonato a Pazzini per un chiarimento ma soprattutto per tranquillizzarlo dicendogli di non preoccuparsi perché tutti al Milan lo stimano.
Il testo del messaggio di lady Pazzini
“Allora diciamo che la matematica non è mai stata il mio forte, ma la lingua italiana, la filosofia e la statistica sì, perciò supponiamo che ci vengano date 9 possibilità per far colpo su una persona, o per ottenere un lavoro o per dimostrare ciò di cui siamo capaci. E che ogni volta dopo 3.8 minuti di media ci venga detto “Basta così!”. Ecco, io mi chiedo chi può dire se quella persona è brava o no? O se avendo magari 30 minuti o 45 o meglio ancora 90 minuti magari cambieremmo idea? E se quella persona fosse una di quella che non urla o fa scene plateali, ma continuasse a fare in modo serio, diligente e costante ciò per cui è stata voluta, cercata e pagata non sarebbe forse un peccato non poter vedere se con un po’ di fiducia e costanza magari quella persona potrebbe dimostrare grandi cose? Oppure potrebbe anche semplicemente sbagliare ma almeno in una misura tale da poter essere giudicata? Provo dispiacere nel pensare che in Italia la famosa meritocrazia non sempre esiste”.
Il messaggio di scuse
“Non volevo fare alcuna polemica contro una società e una città che stimo davvero… A volte si scambia il semplice dispiacere con la rabbia e soprattutto si pensa sempre che ci si rivolga a qualcuno quando invece talvolta una persona può essere dispiaciuta ma non arrabbiata con un soggetto in particolare. Sono sempre stata zitta e tornerò a farlo, dispiaciuta d’aver alimentato una polemica che non volevo nascesse e d’aver visto il mio nome abbinato a titoli che non rappresentano né me né il mio pensiero”.
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