I dialetti perdono colpi: secondo l’Istat, che ha pubblicato una statistica compiuta nel 2012, sono sempre di più gli italiani che, in famiglia, preferiscono utilizzare l’italiano nelle conversazioni piuttosto che il vernacolo. I numeri parlano chiaro, circa il 53,1 % degli italiani tra i 18 e i 74 anni. Il dialetto come linguaggio prevalente tra le mura di casa viene utilizzato solo dal 9 % dei cittadini della stessa fascia d’età. E’ un risultato che fa riflettere, specie se confrontato con quello del 1995, quando ancora il 23 % della popolazione italica usava soprattutto il dialetto in famiglia. Secondo l’Istat, sono soprattutto le donne a preferire la lingua nazionale (il 55,2 % contro il 51 % degli uomini). Le percentuali aumentano quando si va ad osservare che l’italiano è molto più usato quando ci si trova con gli amici (56,4 %) e in misura maggiore quando ci si trova ad interagire con persone estranee (84,8 %); inoltre, l’uso prevalente dell’italiano diminuisce con l’età, più si invecchia e più si fa posto al dialetto o all’italiano combinato al dialetto, visto che nelle famiglie italiane varia dal 60,7 % dei giovani tra i 18 – 24 anni al 41,6 % degli adulti tra i 65 – 74 anni. Ma se il dialetto piange, la seconda lingua non ride affatto: secondo l’Istat, la conoscenza di un’altra lingua per molti italiani resta ancora al livello elementare. Anche se buona parte della popolazione ha studiato l’inglese o il francese a scuola, la padronanza della seconda lingua resta molto bassa. Circa il 30,6 % dei cittadini conosce solo poche parole e qualche frase di un’altra lingua, mentre solo il 15 % riesce ad esprimersi correttamente e in modo flessibile.
Curioso che questa statistica arrivi dopo cinquant’anni dall’allarme lanciato da Pier Paolo Pasolini circa la progressiva perdita dei dialetti italiani; e da poco la casa editrice Laterza ha pubblicato un volume, “La lingua batte dove il cuore duole”, scritto a quattro mani da Tullio De Mauro e Andrea Camilleri, in cui i due autori sostengono la tesi che il dialetto è destinato non a morire, ma a rigenerarsi: “Non è una banale italianizzazione, anche se l’avvicinamento del dialetto all’italiano è inevitabile. Ma quelli che usano costantemente il dialetto spesso se ne vanno per strade proprie, inventando parole nuove e riadattando quelle vecchie. Chi sostiene che il dialetto è morto dice una sciocchezza”.
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