Mise incinta la figlia e la fece abortire, dopo due anni ritrovato e arrestato
Un uomo di origine sudamericana dopo aver violentato la figlia tredicenne e cercato vanamente di farla abortire decise di fuggire in Svezia. Latitante da due anni viene rintracciato e arrestato dagli agenti della questura di Rimini. Estradato dalle autorità svedesi l’11 agosto, all’arrivo a Fiumicino, la polizia gli ha notificato la custodia cautelare in carcere per violenza sessuale e praticato aborto. L’uomo è stato trasferito per direttissima nel carcere di Rebibbia. Protagonista della squallida vicenda è un 39enne sudamericano, residente con la famiglia nel Riminese, che è rimasto latitante per due anni. Adesso, a settembre sarà portato a Rimini per effettuare il prelievo del Dna e confrontarlo con quello del feto abortito dalla ragazzina. La vicenda era uscita fuori due estati fa, quando arrivarono alla polizia alcune segnalazioni degli assistenti sociali di due diversi consultori medici, quello di Rimini – Celle e quello di Riccione. All’inizio, l’uomo si era presentato al consultorio insieme alla figlia, chiedendo ai medici di farla abortire con il suo solo consenso; l’assenza della madre era stata giustificata dall’uomo con non meglio specificate carenze psicologiche attribuite dallo stesso alla donna. Al diniego dei medici di far abortire senza il consenso di entrambi i genitori, il sudamericano si era presentato in una struttura privata, dove si era fatto fare un certificato di avvenuto raschiamento. Non pago di questo comportamento illogico, aveva portato il referto presso un consultorio di Riccione e la bambina era stata sottoposta ad una ecografia, che naturalmente attestò che non era stato praticato alcun aborto.
Con la figlia al secondo mese di gravidanza e già controllato dalla polizia, l’uomo era poi tornato al consultorio, questa volta in compagnia della moglie ignara, la quale aveva dato il consenso all’aborto; la ragazzina abortisce nel luglio 2012 e la Procura fa sequestrare il feto per trarne il Dna. A quel punto, ordina a padre e fratellino della bambina, anch’egli minorenne, di sottoporsi ad un prelievo, visto che la prima analisi attestava che la paternità fosse da ricercare tra gli stretti congiunti. Ma solamente il fratellino lo farà, e verrà escluso dal Dna, mentre il padre, dopo aver svuotato un conto corrente postale, era scappato in Svezia per sottrarsi alla cattura e all’ira della moglie. La ragazzina, comunque, non ha mai confermato i presunti rapporti sessuali con il padre. Nell’indagine, verrà stabilita le responsabilità della clinica privata e del medico compiacente che ha firmato il referto attestante l’avvenuto aborto.
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