Mafia: la Dia lancia l’allarme: “Bisogna alzare la guardia”
La mafia sta abbandonando la strategia del silenzio che aveva assunto negli ultimi 20 anni, e Cosa Nostra, Ndrangheta e Camorra si insinuano sempre più nelle economie locali guadagnando spazio e denaro cospicuo. E’ un vero e proprio grido d’allarme, lanciato dalla Direzione investigativa antimafia nell’annuale relazione al Parlamento. La mafia ormai ha abbandonato quel silenzio che le aveva permesso di rigenerarsi e adesso è riuscita ad alimentare di nuovo il proprio potere e il patrimonio; secondo la Dia, bisogna innanzitutto prepararsi per prevenire possibili derive di faide o guerre tra cosche, considerando che sono stati avvertiti segnali dagli investigatori “che sono ancora da decifrare, ma fanno propendere verso possibilità violente“. Come secondo punto, la Dia riscontra un profondo legame tra la mafia siciliana e importanti pezzi dell’economia locale auspicando, nel contempo, un impiego di indagini patrimoniali per contrastarlo, poiché, si legge nella relazione, è proprio tale legame che fa aumentare il potere mafioso contaminando il contesto socio – culturale del territorio e bloccandone lo sviluppo. La Dia sostiene anche un maggior impegno investigativo nei confronti delle famiglie di origine mafiosa per ostacolarne un ri – consolidamento. Analogo discorso anche per la Ndrangheta calabrese: “E’ sempre grave il rischio di infiltrazioni mafiose negli enti locali calabresi” è scritto nella relazione. La Calabria si conferma la regione del Sud con il più alto numero di comuni sciolti per mafia; in particolare, nella provincia di Reggio Calabria è stato evidenziato dalla Dia quanto “la ndrangheta sia abilissima ad infilarsi nel settore degli appalti pubblici condizionando pesantemente i meccanismi produttivi”.
La mafia calabrese si distingue dalle altre “per un persistente dinamismo, robuste potenzialità organizzative ed ampie disponibilità di risorse”, ma ancora più pericoloso, secondo la Dia, è l’ampia rete di collusioni e relazioni con gli ambienti politici e imprenditoriali attraverso un modus operandi che evidenzia la matrice ndranghetista, esportata anche in altre regioni. E’ un emergenza ancora non compiutamente contenuta, sottolinea la relazione, con tante vulnerabilità che affliggono il sistema amministrativo calabrese. Spostandoci in Campania, la camorra dimostra invece una forte predisposizione agli scontri tra clan, secondo la Dia; nel solo secondo semestre 2013 si sono avuti 10 omicidi compiuti dai camorristi, contro i 4 della Sacra Corona Unita pugliese, i 3 della Ndrangheta e i 2 di Cosa Nostra.
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