Inchiesta Mose, niente scarcerazione per Giancarlo Galan
Nessuna scarcerazione per Giancarlo Galan: l’ex governatore della Regione Veneto, in carcere dallo scorso 22 luglio nell’ambito dell’inchiesta Mose, deve restare in carcere. Lo hanno deciso i giudici, dopo quattro ore di camera di consiglio, respingendo così la richiesta di scarcerazione o di arresti domiciliari avanzata dagli avvocati difensori di Galan; hanno tuttavia respinto quanto contestato dal pm Alberto Scaramuzza circa alcuni fatti accaduti prima del 22 luglio 2008, come i finanziamenti per le campagne elettorali e i lavori di restauro della villa sui Colli Euganei dell’ex governatore, mentre hanno accolto gran parte dell’ordinanza che contesta a Galan presunti illeciti prima della suddetta data, in particolare reati inerenti alla corruzione. Giancarlo Galan, presidente regionale del Veneto e deputato di Fi, era stato arrestato il 22 luglio scorso durante l’inchiesta sul Mose, un progetto di dighe mobili ideato per difendere Venezia dall’acqua alta, per il quale lui ed altre persone avevano ricevuto fondi illeciti (è questa l’accusa) per milioni di euro dal Consorzio Venezia Nuova.
La vicenda, come è noto, esce fuori lo scorso 4 giugno, quando la procura di Venezia emette 100 avvisi di garanzia e 35 provvedimenti restrittivi in carcere o ai domiciliari; tra questi, appunto, l’ex governatore Galan per il quale, essendo parlamentare, viene chiesta l’autorizzazione d’arresto alla Camera. La Camera aveva deliberato per il sì proprio il 22 luglio, nonostante una richiesta dello stesso Galan di rinviare tutto la votazione a settembre, a causa di un suo ricovero, il 14 luglio, all’ospedale Este di Padova per una frattura al perone e alla tibia che crea problemi circolatori e cardiaci. Lo stesso giorno, Galan viene trasferito in carrozzella al centro clinico del carcere di Opera, dove verrà interrogato il 25 luglio dal gip di Milano Cristina Di Censo, ma si avvale della facoltà di non rispondere e consegna solo un memoriale. Nel frattempo, i suoi avvocati Niccolò Ghedini e Antonio Franchini fanno richiesta di arresti domiciliari. L’unico commento al rifiuto di scarcerazione è arrivato dall’avv. Franchini, che ha incontrato Galan in carcere: “Ci aspettavamo una decisione diversa che, almeno, prevedesse i domiciliari. Fortunatamente – ha aggiunto – è stata riconosciuta la prescrizione dell’80 % dei presunti reati e adesso ci concentreremo su quelli residui”.