Standing ovation ieri a Venezia per la proiezione del film Anime nere di Francesco Munzi, una storia di brutale disperazione e violenza, anche tra gli affetti più cari, che, per la prima volta sul grande schermo, prova ad analizzare il fenomeno della ndrangheta calabrese, così potente e così legata ancora a forme di regole e sopraffazioni ancestrali. Tratto da un romanzo del giornalista e scrittore Gioacchino Criaco ed interpretato da Peppino Mazzotta, Marco Leonardi e Barbara Bobulova, il film narra la storia di tre fratelli calabresi inseriti a vario titolo nell’economia pulita ed in quella criminale, uniti da legami di sangue e una carriera costruita sulle faide. Una narrazione a parabola discendente, che parte da Amsterdam, passa per Milano ed arriva nella profonda provincia reggina, ad Africo, paese d’origine dei tre. Un’esistenza all’insegna del sangue dove, sotto una superficie di falsa rispettabilità e vita luccicante, c’è sempre il richiamo primordiale alla violenza. Rocco e Luigi vivono da molti anni in Lombardia, Rocco lavora nell’edilizia, veste sempre impeccabile ed ha una moglie straniera, mentre Luigi è inserito nel narcotraffico mondiale e finanzia segretamente il fratello. Il terzo dei fratelli, Luciano, è rimasto alle falde dell’Aspromonte, impegnato nella pastorizia, e custodendo la memoria di fatti sanguinosi avvenuti molti anni prima. Ma tutto crollerà in un attimo per colpa del figlio di Luciano, Leo, che ha ereditato la propensione per le faide senza neppure capirci molto, vorrebbe fuggire da un mondo arcaico, ma ne rinnova la ferocia, come nelle tragedie in cui è impossibile sfuggire al destino.
Il film è stato girato nella Locride ed è parlato nel dialetto di quelle zone sottotitolato, con un ottimo cast composto anche da non professionisti. La pellicola è il punto di due punti di vista: quello di Criaco, che ha passato anni ad osservare storie, mentalità e tradizioni della sua terra e quello di Munzi che ha saputo visualizzare quel mondo di rapporti familiari, di sangue e di affari con lo stile della tragedia, ricordando la lezione di Visconti, Rosi, De Seta.
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