Bronzi di Riace, Bonomi contrattacca: “Mi hanno incastrata”
Non ci sta a bruciare sulla graticola ed ha deciso di contrattaccare. Simonetta Bonomi, soprintendente del Museo nazionale della Magna Grecia di Reggio Calabria, non accetta le polemiche e gli schiamazzi che le sono piovuti addosso a causa delle fotografie dei Bronzi di Riace agghindati secondo la moda queer. A titolo di cronaca, qualche giorno fa su Dagospia erano apparse alcune foto dei Bronzi, così conciati per mano del fotografo francese Gerald Bruneau, il quale voleva fare una campagna a favore degli omosessuali e dell’accettazione dei gay, sollevando una marea di indignazioni a proposito della mancata sorveglianza alle statue e della superficialità con cui si è data l’autorizzazione a mettere mano, letteralmente, sui guerrieri quando non dovrebbero essere neppure sfiorati a causa della loro fragilità strutturale. Indignazioni che avevano trovato nella Bonomi il capro espiatorio, tanto da spingere molti a chiederne le dimissioni. Adesso, il soprintendente ha deciso di dire la sua: intervistata da Giuseppe Baldessarro per La Repubblica, la Bonomi ha spiegato le sue ragioni. E, condannando apertamente le fotografie del francese (“sono una porcata”), si spinge ad affermare di essere stata incastrata con la scusa del servizio: “Si sono inventati un modo per tentare di screditarmi – ha dichiarato senza mezzi termini – prima quella faccenda di Sgarbi e dell’Expo a cui avevo detto di no, adesso hanno fatto uscire quelle schifezze per dare la colpa a me. Non ci vuole un luminare per capire che era una cosa organizzata per mettermi sotto una cattiva luce ma, per quanto mi riguarda, i Bronzi non si muoveranno di qui”.
Ha inoltre insistito sul fatto che Bruneau non fosse autorizzato a fare quel genere di foto: “Era febbraio. I fotografi me li aveva mandati la Regione Calabria e lui mi aveva chiesto se poteva usare il velo bianco; conoscevo le sue fotografie di Paolina Bonaparte con il velo rosso ed avevo risposto di sì. Ma poi ha aggiunto il boa fucsia e il perizoma, senza avvisare nessuno, ed allora lo abbiamo immediatamente mandato via”. E i custodi che facevano mentre lui scattava? “Erano impegnati con i visitatori, ma appena se ne sono accorti mi hanno avvertita; lui mi ha mostrato una foto, con solamente il velo, e mi era parsa bella. Ma ho visto il boa appoggiato sull’attrezzatura e allora gli ho detto che non poteva usarlo. Mi ha risposto che aveva finito”. Sembrava finita lì e invece… “I custodi sono tornati a chiamarmi con le mani tra i capelli. A quel punto lo abbiamo buttato fuori, quasi di peso”. Secondo la soprintendente, Bruneau deve aver scattato le foto incriminate mentre i sorveglianti salivano a chiamarla, in poche parole ha tenuto un comportamento scorretto e poco professionale: “A febbraio avevo scritto alla Regione chiedendo di non divulgare le fotografie. Non mi avevano risposto, ma, non vedendo le foto da nessuna parte, avevo creduto che fosse tutto a posto”. Alla domanda se Bruneau abbia contribuito a dare un po’ di pubblicità ai guerrieri, la Bonomi ha risposto: “Il fotografo deve ricordarsi che ci sono i diritti d’immagine, non escludo che il museo possa chiederglieli, magari con un risarcimento“.
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