CATANIA, 26 Maggio 2011 – Yara ha sicuramente morso il suo assassino prima di morire. E’ stato ritrovato nell’apparecchio dentale, un lembo di pelle. Da quel frammento e dalle tracce biologiche rilevate sul guanto destro di Yara Gambirasio è saltato fuori il dna, maschile, del suo assassino.
Da qui si evincono i passi che hanno portato Yara ad essere uccisa: è stata sequestrata da due o più persone lungo il tragitto che dal centro sportivo stava percorrendo per rientrare a casa, in via Rampinelli, la sera di venerdì 26 novembre 2010. Minacciata con una lama, Yara è stata aggredita sessualmente, si è difesa mordendo il suo aggressore in una zona particolarmente delicata. Il suo aguzzino allora l’ha colpita con un oggetto contundente che ha provocato la «vasta lesività al cranio, più evidenti contusioni». Il tentativo di soffocamento e le ferite (alle braccia e ai polsi, alla schiena) rilevati dal medico legale entrano perfettamente nella ricostruzione. Le ferite con certezza non sono all’origine della morte, Yara si è difesa ed è stata sfregiata. In attesa della relazione finale sulla perizia necroscopica, sono molteplici le cause che hanno portato alla morte la ragazza.
Fatale a Yara, ormai agonizzante, sarebbe stata la permanenza di alcune ore all’aperto, nel freddo della notte. Non nel campo di Chignolo d’Isola, dove per caso furono rinvenuti i suoi resti sabato 26 febbraio.
Quindi ala fine rimane «tecnicamente indagato» (parole del pm Ruggeri) il marocchino Mohammed Fikri, arrestato a dicembre sul traghetto per Tangeri e subito rilasciato. Il suo datore di lavoro, Roberto Besozzo, gli aveva fornito un alibi di ferro. «Siamo rimasti al cantiere (di Mapello, ndr) tutto venerdì 26 fino a sabato».